Disconnessi dalla natura, fatichiamo a prendere le misure urgenti necessarie per preservare condizioni di vita sane sulla Terra. Alcuni spunti di riflessione sulla nostra insidiosa tendenza a dimenticare il significato di ecosistemi sani.

Quest'estate, l'oceanografo François Sarano è stato ospite delle Estivales du Haut Cavalon:

“Il pianeta è diventato troppo piccolo per poterlo condividere con i nostri coloca-terre selvatici? [Biodiversità selvatica di prossimità N.d.R.]No, ma la perdita del contatto fisico con la natura ci ha fatto cadere in una devastante amnesia ecologica, permettendoci di cancellare il territorio dei selvaggi indomiti nell'indifferenza generale. È nella nostra testa che non c'è più spazio per gli altri.”

Che cos'è il concetto di amnesia ecologica o ambientale a cui fa riferimento François Sarano? È un processo inconscio, una graduale acclimatazione degli esseri umani al degrado degli ambienti di vita del pianeta, siano essi terrestri o acquatici. Teorizzato dallo psicologo americano Peter H. Khan nel 2002, si spiega con la durata della nostra vita. Mentre chi di noi ha già qualche decennio ricorda che, durante i viaggi in auto negli anni ’70 e ’80, i parabrezza che erano macchiati di insetti rivelavano popolazioni molto più numerose rispetto ad oggi, i bambini di oggi nascono in un mondo privo di questi dati esperienziali. Quindi senza la possibilità di rendersi conto della misura in cui il numero di insetti è crollato negli ultimi cinquant'anni. Il loro quadro di riferimento è diverso; ciò che per loro è “normale” è in realtà un ecosistema molto degradato. E così via, di generazione in generazione.

Questo include specie che sono “commensali” dell'uomo e alle quali dovremmo prestare maggiore attenzione a causa della loro vicinanza. [N.d.R. In biologia, il commensalismo è un'interazione non obbligatoria fra due esseri viventi in cui uno approfitta del nutrimento o degli scarti dell'altro senza procurare sofferenza o disturbo. Un organismo tra i due trae dei benefici dall'altro e l'altro non è né danneggiato né aiutato. Wikipedia]. Forse tra dieci anni non ci saranno più rondini che nidificano in primavera nei nostri vecchi edifici. Meno insetti: meno prede per loro; meno fienili rustici: meno posti dove vivere; più pesticidi: più mortalità, e così via. Ma chi se ne accorge, se la loro scomparsa è graduale e se gli avvertimenti degli ornitologi non vengono ascoltati? Anche i ricercatori sono colpiti dal fenomeno, come ha sottolineato il biologo marino Daniel Pauly già negli anni '90. Quando lavorava sulla pesca eccessiva, notò che gli scienziati tenevano come riferimento le dimensioni e il numero di pesci all'inizio della loro carriera, quando erano entrati per la prima volta in contatto con una particolare popolazione, ignorando le condizioni precedenti. Questo è ciò che Pauly ha chiamato “sindrome da cambiamento di riferimento”, un altro nome per l'amnesia ecologica.


Ignoranza degli esseri viventi

Meno attenzione prestiamo alle specie che ci circondano, meno probabilità abbiamo di accorgerci che sono sempre più rare o che sono scomparse. Per riprendere l'esempio dei viaggi in auto, se la nostra attenzione si concentra sugli ingorghi o sul modello dei veicoli che incrociamo, ci sono poche possibilità di avvistare gli animali selvatici: la poiana appollaiata su un palo, l'airone che pesca nel fiume nei pressi della strada, per non parlare delle farfalle del bosco o della salamandra, che sono ancora più discrete. La maggior parte delle persone avrebbe comunque difficoltà a identificarli: a scuola non si insegna abbastanza sulla natura. Questa mancanza di conoscenza porta inevitabilmente all'indifferenza, che a sua volta porta a un'inazione estremamente dannosa. È quanto spiega Anne-Caroline Prévot, ecologa e direttrice di ricerca del CNRS, che lavora presso il Centre d'Écologie et des Sciences de la Conservation (Cesco), del Museum national d'histoire naturelle, in un articolo pubblicato su Reporterre:

“Se le comunità umane non ritengono importante il degrado ambientale perché non vi prestano attenzione, non c'è motivo per i politici o le istituzioni di fare qualcosa al riguardo”.

Così come la storia è una scienza sociale indispensabile per evitare di ripetere gli errori del passato, la storia ambientale dovrebbe essere consultata quando si prendono decisioni importanti sulla biodiversità.

Amnesia, ignoranza, indifferenza, inazione. Una quadrilogia infernale che porta al collasso degli esseri viventi, ampiamente documentata dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Nei suoi rapporti per il 2019 e il 2022, dipinge un quadro terribile. Ci stiamo avvicinando alla sesta estinzione di massa, di origine antropica e molto più rapida della precedente, che ha visto la fine dei dinosauri nel periodo cretaceo. Le aree meno danneggiate dall'attività umana sono quelle ancora occupate dalle popolazioni indigene. Per la geografa Marla Emery:

“Le loro pratiche e culture sono varie, ma mostrano valori comuni, tra cui l'obbligo di trattare la natura con rispetto, di avere un senso di reciprocità, di evitare gli sprechi, di gestire i raccolti e di assicurare una distribuzione giusta ed equa del contributo delle specie selvatiche al benessere della comunità”. Inoltre, nelle terre indigene la deforestazione è generalmente più bassa, “in particolare laddove esiste la sicurezza del possesso, la continuità delle conoscenze e della lingua, e mezzi di sussistenza alternativi”.

Quindi, se vogliamo ripristinare la speranza, sappiamo quali valori difendere e a chi ispirarci!


Gaëlle Cloarec, 23 luglio 2024

 



Per combattere l'amnesia, cosa c'è di meglio che riconnettersi con la Memoria delle Foreste? Leggete e ascoltate questa cronaca nella sua versione audio: https://www.foretprimaire-francishalle.org/chronique-memoire-des-forets

Foto: Cervus elaphus © Jérémy Mathieu

Memoire des Forets, in traduzione italiana, è presente in Cansiglio.it. Per leggere gli articoli, CLICCA QUI 


Fonte: L’amnésie écologique, signe des temps troublés

Traduzione a cura della Redazione di Cansiglio.it