Categoria: Libri
Editore: Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali
Pagine: 109
Anno: 1997
Note: Foto di Claudio Rossi. Presentazioni di Danilo Feltrin e Giorgio Saviane

Visite: 39

PRESENTAZIONI

Da bambino trascorrevo, più tempo in Alpago, dai miei nonni, che nella città dove ero nato e dove vivevo. E quando raccontavo ai miei compagni di giochi dov’ero stato in vacanza, grande era il mio stupore davanti al fatto che non conoscessero l’Alpago. E allora io a parlare loro delle mie montagne, del mio bosco, del mio lago, dei miei prati, dei miei sentieri, delle mie notti stellate e di tutto quanto era legato alla mia terra, visto con gli occhi e con il cuore di un bambino. Loro mi guardavano in modo un po' strano, e io capivo che per loro il mio raccontare andava trasformandosi pian piano nel ricordo di un sogno appena fatto. Era davvero incredibile il mondo che stavo raccontando? In ogni caso non potevo pensare che per i miei amici “foresti” la mia terra fosse soltanto un piccolo punto sulla carta geografica dell’Italia, un luogo che probabilmente non avrebbero nemmeno mai avuto la fortuna di vedere.

Oggi quegli ex compagni di giochi sono diventati adulti. E anche la mia terra è molto cambiata: la ghiaia delle strade ha lasciato il posto all’asfalto, molte vecchie abitazioni sono diventate moderne o sono addirittura state abbandonate, le stalle si sono svuotate dei loro animali; perfino i marùc tutti allineati nei prati sono diventati una rarità. Ma vorrei che fossero proprio loro, i miei vicini d’infanzia, i primi a leggere le pagine di questo libro. Qui dentro è racchiusa l’essenza, la magia di quelle sensazioni che cercavo di trasmettere loro, compreso quello che le parole non riuscivano a spiegare, ma che veniva dal profondo del cuore. Ecco, ci sono i colori del bosco che parlano, i rumori che diventano suoni, i profumi che si rincorrono, i silenzi che si trasformano in musica, i personaggi antichi e moderni che sembrano usciti dalle fiabe, gli animali che si raccontano, le storie vere e le leggende che si confondono e si mescolano tra loro. Chissà se quella volpe che andò insieme al lupo a rubare il latte alla casera è la stessa del racconto di Buzzati: sì, proprio quella che in Alto Alpago, imbracciando una doppietta, un bel giorno si parò davanti  al cacciatore e lo mise in fuga…

A mio figlio non ho mai parlato di queste cose. Lui, bambino di città, che parla solo l’italiano, cosa può capirne? Cosa può capire della mia terra? Cosa possono significare, per lui, le giornate solari che noi trascorrevamo nei prati a “fare il fieno”; oppure il ricordo del vento che portava il suono delle campane che annunciavano la tempesta; o le sere trascorse nella calda penombra della stalla, alla luce fioca del “feràl”, aspettando che la vacca partorisse; o le mattine luminose e terse in cui, passata la burrasca notturna, i nostri occhi non capivano come mai le montagne si erano avvicinate alle nostre case; o le ore trascorse a saltare nei fienili delle stalle; o le serate d’estate passate giocando a “cùc drìo i marùc” o quelle in attesa di addormentarsi con le lucciole prigioniere nel bicchiere che ci facevano compagnia?

E invece la scorsa estate, finite le vacanze, mentre in auto tornavamo in città guardando le montagne che si allontanavano sempre più all’orizzonte, a un certo punto ho visto mio figlio piangere sommessamente: tra i singhiozzi ci ha detto che piangeva perché gli dispiaceva lasciare i suoi boschi, i suoi prati, i suoi animali, le sue montagne. Eh già – pensavo – cosa poteva capire, lui, della mia terra?

Danilo Fullin
(Corriere della Sera)

 

Visto che la mia famiglia proviene dall’Alpago mi chiedono di fare una prefazioncina sullo strano libro di Serena Dal Borgo. Strano, ma direi meglio fatato perché i personaggi sono tutti incantati in un favolismo apparentemente elementare: scultoreo però. Credo che molti scrittori vorrebbero essere così disarmanti e nello stesso tempo acuti come in “Toni Buio” e in “Schei, schei”. O forse no, lo scrittore non osa essere quasi niente. Ma è in questo niente l’essenza d’arte (sì, d’arte) che trasuda dalle righe magiche e umili.
Desidererei scrivere di più, ma non vorrei turbare la semplicità modesta, attuale e vera, pregio maggiore degli aneddoti di Serena Dal Borgo, che mi hanno fatto ricordare il sapore dei miei primissimi racconti.

Giorgio Saviane
(Scrittore)

 

Indice

Prefazione, p.5
Presentazione di D. Fullin, p.7
Presentazione di G. Saviane, p.9
Inizio, p.11
Il colore, p.13
I deltaplani, p.17
La strada dei morti, p.19
Pesci del lago, p.23
Piove, p.27
Albo ecclesiastico, p.29
Stazione per l’Alpago, p.33
Panoramica, p.37
Schèi, schèi, schèi …, p.41
Nobildonna, p.43
Toni Buio, p.47
Statua, p.51
Pecos Bill, p.55
Volpe, p.57
Giostra dei profumi, p.61
Odori, p.65
Taurus, p.67
La signora Aurora, p.71
L’incendio di Pieve, p.75
Folletti, p.77
Ricordi, p.79
Ricordi, p.81
Ricordi, p.83
Gigia, p.85
L’attore, p.87
Brioso e gli Elfi, p.89
Le parole pietrose, p. 97
L’inverno, p.101
La danza dei colori, p.103

ABBIAMO A CUORE LA TUA PRIVACY

Questo sito utilizza cookie tecnici per la navigazione. Per continuare la lettura delle pagine clicca ACCETTO