Il grande rastrellamento tedesco di fine estate 1944 (8-10 settembre)
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Questo volume ripercorre nella sua genesi e nei suoi snodi fondamentali un'importante pagina di storia scritta sull'altopiano del Cansiglio.
Presentazione
di Vittorino Pianca
Il Cansiglio è il luogo d'eccellenza dell'immaginario partigiano vittoriese. In questo Altopiano, a partire dall' 8 settembre 1943, nacque un vasto movimento di opposizione a tedeschi e fascisti che va sotto il nome di Resistenza; tra queste montagne si consumarono i principali episodi che hanno segnato la lotta di Liberazione, in particolare il grande rastrellamento di fine estate 1944 che vide le formazioni del Gruppo Brigate “Vittorio Veneto" scontrarsi con preponderanti forze tedesche e raggiungere indenni, dopo una decina di giorni di combattimento, la pianura, per riprendere successivamente il loro posto e presentarsi all’appuntamento finale nell’Aprile del 1945. Proprio in memoria di questo specifico episodio, ogni anno, la seconda domenica di Settembre, si tiene in Pian Cansiglio un incontro a ricordo. La manifestazione, che è organizzata dalle Associazioni Partigiane delle Province di Belluno, Treviso e Pordenone e vede la presenza di tutti i Sindaci dei paesi limitrofi all’Altopiano, anno dopo anno riscuote una sempre più larga partecipazione popolare di persone provenienti da tutta la Regione. A partire dal 2005 l’evento è stato accompagnato dal ripristino del Monumento ai Caduti della Divisione “Nino Nannetti” di Pian Cansiglio, opera del bellunese Augusto Murer, che il trascorrere degli anni e qualche atto di teppismo neofascista avevano danneggiato.
Tale ripristino, oltre a rappresentare un segno della memoria e un atto di riconoscenza delle Comunità verso coloro che sono caduti per il nostro Paese, vuole ribadire il rinnovato impegno delle popolazioni nei confronti di quei valori di libertà, democrazia, solidarietà e pace che animarono la Lotta di Liberazione e che costituiscono oggi il cemento della nostra Costituzione repubblicana. Mancava però, accanto alla “memoria delle pietre” ben rappresentata dal monumento di Augusto Murer, anche una memoria scritta dell’episodio, che consegnasse in modo completoo e discorsivo questa importante pagina di storia scritta tra queste montagne dai partigiani del Gruppo “Vittorio Veneto”. Poiché senza la parola scritta, che fissa fatti, ferma eventi e disegna protagonisti, le pietre rimangono mute, senza voce, non riescono a parlare da sole. Ecco dunque questo volume a firma di Pier Paolo Brescacin, edito per i tipi dell’ISREV, che ripercorre nella sua genesi e nei suoi snodi fondamentali questo pezzo di storia così intimamente legato alle vicende delle nostre genti e di Vittorio Veneto in particolare. Con l’augurio che esso possa essere di aiuto sia alle vecchie ma soprattutto alle nuove generazioni, per capire il loro passato comune, per non dimenticare quanto preziosa sia la libertà acquistata a prezzo di stenti e sacrifici.
Prefazione
di Federico Maistrello
Quanti a vario titolo sono interessati alla storia della Resistenza in provincia di Treviso attendevano da tempo un’opera come quella di Pier Paolo Brescacin, che finalmente narrasse con precisione ciò che accadde nell’estate 1944, quando i nazifascisti attaccarono i partigiani attestati sull’Altopiano del Cansiglio nell’intento di distruggerli. Sino ad ora sull’argomento esistevano alcune memorie scritte dai protagonisti, esposte tuttavia secondo un’ottica personale, oppure dei documenti conservati in ordine sparso negli archivi degli Istituti Veneti della Storia della Resistenza: l’Autore ha cercato tra le carte, ha confrontato i ritrovamenti con la produzione letteraria esistente, ha intervistato gli ultimi superstiti e ha esaminato attentamente le testimonianze raccolte nel corso degli anni; inoltre si è procurato nuovi documenti, persino negli archivi tedeschi; infine ha ricostruito e analizzato quella vicenda creando un libro che ne dà puntualmente conto, consentendo al lettore di ripercorrere quel rastrellamento giorno per giorno, dai preparativi sino alla sua drammatica conclusione. Per meglio comprendere il succedersi dei fatti, si propone qui una riflessione sulla cosiddetta “storia grande” ovvero sul contesto entro il quale maturò quell’azione militare. [...]
Gli effetti di tale nuova strategia non mancarono di farsi sentire, anzitutto in provincia di Treviso dove, a partire da quello stesso 15 Agosto 1944, i nazifascisti invasero il Quartier del Piave, frantumando qualsiasi aspirazione di riconquistata libertà, e dilagarono nell’area posta a sinistra del fiume Piave attaccando i “ribelli” a Pieve di Soligo, Solighetto ecc., costringendo le Brigate “Mazzini”, “Tollot” e “Piave” a ripiegare combattendo fin sull’Altopiano del Cansiglio. Interi paesi furono dati alle fiamme (si registrarono centinaia di abitazioni incendiate, specie a Pieve di Soligo) e la popolazione dovette lasciare tutti i propri averi nella speranza di salvare almeno la vita, mentre la soldataglia tedesca e repubblicana distruggeva, uccideva, razziava, violentava. Nei giorni successivi, nel Veneto affluirono nuove truppe – si trattava in particolare dei reggimenti di polizia provenienti dalle province di Bolzano, Trento e Belluno – che realizzarono i cosiddetti grandi rastrellamenti di fine estate 1944. Si cominciò in provincia di Vicenza con le Operazioni “Hannover” (5 Settembre) e “Pauke” ovvero “Timpano” (2/15 Settembre), rispettivamente sull’Altopiano di Asiago e nelle Vallate dei Monti Lessini e del Chiampo, che misero in rotta le formazioni dei “ribelli” dell’area.
Poi toccò alla provincia di Treviso con il rastrellamento del Cansiglio (1/10 Settembre) e con l’Operazione “Piave” contro il Massiccio del Grappa (21/28 Settembre), cui seguì ai primi di ottobre il rastrellamento delle Vette Feltrine, in provincia di Belluno. Complessivamente una débacle militare che annientò il dispositivo bellico partigiano del Veneto Orientale. Restando alla provincia di Treviso, le Brigate della Divisione “Nannetti”, come egregiamente narrato da Brescacin, dovettero sciogliersi per non essere sterminate e ripararono in pianura filtrando attraverso i bivacchi nemici sfruttando l’oscurità della notte e la natura boschiva dei luoghi. Quando i tedeschi raggiunsero la sommità dell’Altopiano non trovarono anima viva: erano rimasti lassù, celati nel profondo dei boschi, solo i comandanti della Divisione e un piccolo ospedale da campo con i feriti intrasmissibili affidati alle cure dell’infermiera “Dirce”.
Invece le Brigate attestate sul Grappa scelsero di opporsi frontalmente al nemico, perché illuse dalle notizie fornite loro dalla missione inglese di stanza sul Massiccio circa un prossimo sbarco Alleato sulla costa adriatica nei dintorni di Venezia (che non avvenne) e circa l’arrivo entro pochi giorni di abbondanti aviolanci di armi e munizioni (che non ci furono); inoltre i Comandi dei “ribelli” sottovalutarono l’abilità strategica dei nazifascisti, ritenendo erroneamente, che mai sarebbero stati in grado di accerchiare un’area come quella del Grappa, vasta oltre 450 chilometri quadrati. I patrioti, dopo una strenua resistenza di poche ore, cedettero sotto i colpi delle artiglierie nemiche, travolti dagli assalti di truppe eterogenee (tedeschi, caucasici, cosacchi, BBrigate Nere, alpini fascisti, X MAS ecc.) provenienti da tutti i lati. Quando tentarono di fuggire era troppo tardi. I combattimenti degenerarono in una caccia all’uomo spietata e infine si risolsero in un massacro deliberato, nel corso del quale centinaia di giovani furono uccisi sul posto, se trovati in possesso di armi, oppure, dopo la cattura, vennero torturati e impiccati o fucilati in tutti i paesi attorno alla base del Grappa, oppure ancora finirono deportati in Germania da dove molti non fecero più ritorni; i più “fortunati” furono impiegati nei campi di lavoro addetti alla costruzione di nuove linee di fortificazione, oppure vennero arruolati a forza nella Flak (contraerea tedesca) o nei Corpi militari repubblicani.
Si desidera, infine, precisare che, salvo qualche variazione, i Corpi militari impiegati contro la Divisione “Nannetti” furono gli stessi che un paio di settimane più tardi sferrarono il micidiale attacco contro le Brigate sul Grappa. Per tutti si cita il tenente colonnello Fritz Herbert Dierich, comandante del Luftwaffen-Sicherungs-Regiment “Italien”. L’ufficiale, che era stato un asso dell’aviazione germanica distintosi nella battaglia di Stalingrado, nel 1942, ricoprì un ruolo direttivo dapprima nella devastazione del Quartier del Piave (battezzata Operazione “Pieve di Soligo”) e poi nell’attacco del Cansiglio quando, risalito alla testa del proprio reparto lungo il sentiero che collega il Pian Cavallo con l’Altopiano, chiuse ai partigiani l’ultima via di scampo rimasta, costringendo i Comandi della “Nannetti” a prendere la decisione dolorosa, ma necessaria, di frazionare le Brigate in piccoli gruppi per “sganciarsi” dagli avversari e riparare nella pedemontana.
Poco dopo, a partire dal 20 Settembre 1944, il colonnello Dierich si trasferì con il proprio Reggimento a Quero (BL), assumendo il comando del settore Nord-Est del Grappa, da dove intervenne dapprima mettendo in azione la potente artiglieria antiaerea di cui disponeva (cannoni da 88/mm), con la quale scardinò fin da subito le difese partigiane, infine spronò i propri uomini a salire in montagna a distruggere gli accampamenti nemici. Ma è doveroso a questo punto fermarsi per lasciare la parola Brescacin il quale, come un buon regista, dopo aver tratteggiato il quadro ambientale del Cansiglio, colloca i protagonisti del rastrellamento su quel palcoscenico narrandone dettagliatamente le vicissitudini, e conclude la propria esposizione con un’accurata analisi delle ragioni e delle conseguenze di quella sconfitta partigiana.
INDICE
Presentazione
Prefazione
Introduzione
Sigle ed abbreviazioni archivistiche
PARTE PRIMA: PREMESSA
Incipit
I luoghi
La cronologia
PARTE SECONDA: I FATTI
I precedenti
La nascita della Resistenza sull’Altopiano
Il controllo del territorio e le zone libere dell’estate 1944
Speranze e illusioni dei resistenti
Il mancato sfondamento della Linea Gotica
Iniziano le ostilità
Le avvisaglie
La cattura del maresciallo Kurt Obendorf
L’attacco in Prese
In montagna con il battaglione Trentin
Uomini, mezzi, strategie e protagonisti a confronto
Arrivano gli sbandati della “Tollot” e della “Mazzini”
Le prime misure di emergenza
La situazione militare nei giorni 3-7 Settembre
Nel vivo del rastrellamento
L’assalto in Alpago e in Doel
Quel fatidica 9 Settembre
La speranza in un aiuto alleato
Ci si ritira verso Piancavallo?
Si salvi chi può
L’epilogo
La pianurizzazione
Ma c’è chi rimane in montagna
Arrivano i tedeschi
Intanto in Piancavallo e Valcellina il rastrellamento continua
Un bilancio conclusivo
I costi umani
I costi materiali
Le conseguenze della battaglia nel movimento partigiano
Considerazioni finali